mercoledì 12 gennaio 2011

Che bella giornata


Cado dalle nubi è stato l’imprevedibile exploit comico del 2009, un acquazzone di buonumore che, partendo da una matrice tutta pugliese, ha in breve tempo - grazie allo strumento più efficace e scientifico a disposizione del merchandising: il passaparola - inzuppato fino alle caviglie lo Stivale tutto intero. Ora, a distanza di due anni, la nuova scommessa in formato panoramico del dinamico duo Zalone - Nunziante (Checco Zalone, all’anagrafe Luca Medici, e Gennaro Nunziante, entrambi baresi DOC), rispettivamente attore e regista di Che bella giornata, scalza in soli due giorni addirittura il primato di incassi di quello che la voce critica del periodo profetizzò essere il film che avrebbe cambiato la Storia del cinema: Avatar. Ci sarebbe quasi da gridare allo scandalo, ma James Cameron ha fatto certamente di meglio e di Nunziante non si può dire che non sappia il fatto suo (vedi, fra l‘altro, l’attività di autore per la coppia tritura ascolti Toti e Tata). E comunque sia, la distinzione tra cinema cosiddetto ’alto’ e cinema ’basso’, qualora esista sul serio, lasciamola a chi proprio non ce la fa a liberarsi dai sensi di colpa per essersi abbandonato a un’ora e mezzo di attentati all’integrità della mascella per il gran ridere, ’pericolo’ tra l’altro da affrontarsi senza necessità di difesa in quanto messaggero lieve, e per questo ancora più incisivo, di un invito all’apertura e alla conoscenza fra persone di diversa nazionalità.
Proprio quello che fa, e che non ti aspetti assolutamente che faccia, Checco, addetto alla sicurezza in una discoteca della Brianza che, partendo dal terzo e fallimentare tentativo di entrare nell’Arma si ritrova, in forza di equivoci a catena, a pattugliare l’area della Madonnina sotto l’egida della Santa Sede. Qui si imbatterà in Farah, una ragazza araba che progetta, insieme al fratello, di far saltare il simbolo di Milano per vendicare la morte della sua famiglia per mano di bombe italiane.
Checco, di origini pugliesi ma trapiantato ormai da una trentina d’anni a Milano, è quello che nei fumetti western verrebbe definito “un buon diavolo”, uno che non si fa carico di alcuna difficoltà nel chiamare al telefono lo zio carabiniere per ottenere favori e magari scavalcare la legge, ma capace anche di prodigarsi per il suo amico del cuore, che tiranneggia a dovere solo e soltanto per spronarlo nella ricerca dell’amore, e sostanzialmente inabile a far del male a qualcuno, se non involontariamente (vedi il rapporto Dreyfus - Clouseau con il maresciallo Mazzini). Una simpatia contagiosa completa il tutto e indebolisce alle fondamenta le certezze di Farah, che celati i propositi delittuosi dietro l’apparenza gentile di una studentessa di architettura, finisce per innamorarsi di quell’uomo così stravagante, agganciato soltanto su idea del fratello, Sufien, per spingerlo a portare inconsapevolmente una valigetta con dell’esplosivo in cima al Duomo.
La sceneggiatura firmata a quattro mani da Luca Medici e Gennaro Nunziante, come già per Cado dalle nubi, snocciola momenti di sublime quanto irriverente comicità (impagabili la prima sortita di Checco quale guardia del corpo del cardinale Rosselli nei confronti di un gruppo di monaci tibetani in visita e il suo approcciarsi all’arte per servirsene poi in modi che ondeggiano fra il censurabile e l‘improprio) che si fanno deflagrazione (giusto per restare in tema) quando si integrano con passaggi dai toni più inquietanti riguardanti certo i piani di Farah e del fratello ma anche due terroristi amici di Sufien che progettano di lasciare memoria del Big Ben solo in foto.
Se non è già di culto lo sarà prima che sorga il sole l’apparizione di CapaRezza alla festa di battesimo del nipote di Checco fra i trulli di Alberobello.

Originariamente pubblicato su Il Giornale di Puglia in data 11 gennaio 2011.