sabato 26 febbraio 2011

Il cigno nero


Accompagnato da aspettative in (gran?) parte legate a indiscrezioni che volevano la rappresentazione di un dietro le quinte del mondo della danza classica illuminato da proiettori a luce rossa, Il cigno nero non tradisce ma fortunatamente neanche si fa comodo di sequenze che Darren Aronofsky deve aver girato senza darsi troppe preoccupazioni circa, e puntualmente arrivati, divieti ai minori.
Chiusura dell’ideale dittico inaugurato con l’acclamato e a suo modo struggente The Wrestler, Il cigno nero racconta la storia di Nina, giovane ballerina del New York City Ballet alla ricerca del ruolo che la possa far assurgere a stella di prima grandezza. L’occasione sembra arrivare quando il direttore artistico, Thomas Leroy, decide di aprire la nuova stagione proponendo una personale rivisitazione de Il lago dei cigni. Poter interpretare la doppia parte del Cigno Bianco e del Cigno Nero è di certo l’occasione di una vita, e Nina non intende lasciarsela scappare, forte di un’ottima padronanza delle tecniche di ballo e votata all’eserciziointensivo, sin quasi al martirio del corpo.
Ma la dedizione di Nina non sembra poter bastare: quando Leroy la chiama a sé e le indica Lily, una nuova ballerina della compagnia colta nella preparazione al ruolo da lei ambito, presentandola con le parole: "Lei è il sesso!", un profondo turbamento viene a soggiogarle l‘animo, accentuato dalla sorpresa di sentirsi poi sussurrare a un orecchio un consiglio da seguirsi a casa: "Toccati!".
Il coreografo ha visto giusto: Nina è perfetta per la parte del Cigno Bianco, e lo sarebbe anche per quella del Cigno Nero: è una bellissima donna, ma il suo voler raggiungere l’eccellenza la mortifica nella presa di coscienza di un desiderio dei sensi per troppo tempo tenuto all’angolo da stretti legacci e ormai impaziente di rompere furioso gli argini.
Sola nel suo letto, Nina prova ad ascoltare l’esortazione di Leroy, ma proprio un attimo prima di guadagnare la soglia della libertà un inopinato movimento della testa le fa vedere la madre, che dorme sul divano. E’ solo una frazione di secondo, ma basta a riprecipitarla in una condizione di 'vergogna' per tutto ciò che non riguardi lo studio e l’abnegazione nel perseguimento dell’eminenza artistica.
Ma le catene della colpa hanno comunque subito un profondo scossone, tanto da dimostrarsi di burro davanti all’entrata in scena di Lily, che si rivela poco a poco come il doppio oscuro di Nina, che prenderà per mano in un viaggio non più rinviabile fino alle radici più profonde delle sue nevrosi.
Thriller psicologico screziato da pennellate horror, Il cigno nero attenta sin dalla prima sequenza alle sicurezze del pubblico quanto alla tangibilità di quello che si va svolgendo sullo schermo, fino a identificare di fatto lo sguardo dello spettatore con quello di Nina, in una soggettiva in oscillazione perenne fra autenticità di vita, sogno e proiezioni dell’inconscio.
Generoso nelle suggestioni e a larghi tratti disturbante, Il cigno nero andrebbe visto anche solo per gioire della maiuscola interpretazione di Natalie Portman, che scolpisce una Nina da Oscar, ben assecondata da un cast superlativo, su cui spicca una Barbara Hershey che nel ruolo di Erica, mamma di Nina ed ex ballerina dalla carriera stoppata dalla gravidanza, è vinta da disturbi mentali che la avvicinano a una Baby Jane il cui non voler consapevolmente nuocere alla figlia in virtù di un rapporto quantomai morboso, non la rende meno terrificante del personaggio portato alla ribalta da Bette Davis nel classico di Robert Aldrich.

Il cigno nero
Titolo originale: Black Swan
Nazione: USA
Genere: Drammatico
Durata: 103 min. Anno: 2010
Interpreti: Natalie Portman, Vincent Cassel, Mila Kunis, Winona Ryder, BarbaraHershey
Regia: Darren Aronofsky

Originariamente pubblicato, fatte salve alcune modifiche, su Il Giornale di Puglia in data 25 febbraio 2011.

giovedì 17 febbraio 2011

Il truffacuori



Sventola bandiera francese una delle sorprese cinematografiche del momento, Il truffacuori, che Pascal Chaumeil, esordiente nel lungometraggio ma con alle spalle un apprendistato alla corte di Luc Besson per Léon, Il quinto elemento e Giovanna d‘Arco, oltre alla regia di svariati film e serie per la televisione, confeziona attento a non giocare al ribasso con l’attenzione del pubblico.
La storia è quella di Alex Lippi e del suo lavoro non proprio rientrante fra quelli che si possono esibire sulla carta d’identità: disinnescatore di passioni amorose. In buona sostanza, il nostro viene ingaggiato da genitori, fratelli, sorelle e amici vari affinchè un fidanzamento inevitabilmente prossimo a un matrimonio che, a detta dei committenti, tutto farebbe tranne la felicità della sposa, possa naufragare senza rimpianti da parte della persona oggetto del bonifico bancario.
Il sex appeal e una studiata malinconica dolcezza fanno sì che l’attività di Alex non conosca fallimenti: le aspiranti mogli cadono ai suoi piedi (un bacio soltanto, però: l’etica professionale vieta di spingersi oltre) e una vita senza grossi problemi economici pare essere garantita.
Ma se già un posto fisso non sempre assicura di poter accompagnare fino alla pensione, figurarsi il dover contare su chi si preoccupa dell’altrui benessere: le commesse scemano pericolosamente e il ricorso allo strozzinaggio aumenta in proporzione, insieme alla per nulla allettante prospettiva di sentirsi prima o poi le ossa andare in frantumi.
Una via di fuga si presenta quando un assegno più che generoso viene staccato dal facoltoso padre di Juliette per far saltare le nozze della figlia con Jonathan, un ragazzo di famiglia altolocata e con preoccupazioni di denaro vicine allo zero.
Stavolta, però, la consumata professionalità di Alex e del suo team (la sorella e il marito di lei, che si occupano l’una della parte organizzativa, l’altro del reperimento delle informazioni circa vita, opere e gusti - che Alex deve fare suoi - delle future mancate spose, oltre che del supporto tecnologico) non bastano, perchè l’amore fra i due giovani è a prova di bomba e, colpo di scena, Alex forse per la prima volta si vergogna di quello che fa, dal momento che perde completamente la testa per Juliette.
Missione impossibile per il truffacuori, dunque, ma non per Pascal Chaumeil, che centra il bersaglio caricando la macchina da presa con un sapiente impasto di location sempre belle da guardare (Parigi, le dune del deserto, Montecarlo), ritmo a progredire e freschezza di invenzioni comiche, grazie soprattutto alle imprese del cognato di Alex, Marc (uno scatenato François Damiens, che per questo ruolo si è guadagnato una candidatura al César come miglior attore non protagonista).
La faccia da schiaffi di Romain Duris (Alex) e la bellezza irregolare di Vanessa Paradis (Juliette) hanno buon gioco ad accaparrarsi le simpatie dello spettatore e se verso la fine dei giochi si vira un po’ troppo sulle rotte della favola poco male: la ‘fuitina’ di Juliette con Alex alla vigilia del “Sì” a Jonathan in stile Innamorato pazzo (pazzo con due zeta), che trova una chiusa perfetta nella rivisitazione del balletto finale di Dirty Dancing sulle note di (I've Had) The Time of My Life, è un momento di cinema che fa stare bene. E tanto basta.


Regia: Pascal Chaumeil.
Interpreti: Romain Duris, Vanessa Paradis, Julie Ferrier, François Damiens, Hélèna Noguerra, Andrew Lincoln.
Titolo originale: L'arnacoeur.
Genere: Commedia.
Durata: 105 min.
Produzione: Francia 2010.

Originariamente pubblicato su Il Giornale di Puglia in data 16 febbraio 2011.