mercoledì 23 marzo 2011

Dylan Dog - Il film


Il nome “Dylan Dog” sulla porta a vetri risulta eroso dall’incuria sulla parte finale e la qualifica “Investigatore privato” subito sotto trova applicazione ormai più che altro nell’ambito delle infedeltà coniugali. Eh sì, perché le indagini sul soprannaturale e i faccia a faccia con i mostri, reali o dell’inconscio, non fanno più parte della vita di quello che un tempo veniva chiamato “L’Indagatore dell’Incubo”. Anche il campo d’azione si è spostato: Dylan si è lasciato Londra alle spalle per rifarsi una vita in quel di New Orleans, anche se sarebbe più corretto dire ‘per sopravvivere’ in quel di New Orleans, visto che gli incarichi non fioccano di certo. Ma all’ex poliziotto sembra non importare: ha messo il biglietto da visita con su stampato: “Niente battito? Nessun problema!” ad accumulare polvere da quando la sua fidanzata, Cassandra, è stata uccisa da un gruppo di vampiri che gli hanno armato il braccio e annientato nell’animo, e ora pensa solo a tirare a campare, non di certo incontrando in questo l’approvazione da parte del suo assistente Marcus.
Ma il mondo dell’ignoto, dell’irrazionale, non può privarsi troppo a lungo di un così valido antagonista, e all’occorrenza alleato, e si premura di tornare a fargli visita nelle graziose sembianze di Elizabeth, una ragazza che ha visto fuggire da casa sua una creatura mostruosa dopo aver rinvenuto il padre orribilmente assassinato.
Dylan non è intenzionato a ricascarci, e liquida la testimonianza della donna come frutto dello shock del momento. Salvo poi rimettere mano ai ferri del mestiere quando Marcus viene ucciso da quello che riconosce come un morso di licantropo. L’analisi di un ciuffo di peli che raccoglie da un albero di fronte all’abitazione di Elizabeth lo porta nella fabbrica di lavorazione carni gestita da Gabriel, capo dei lupi mannari, che gli consiglia, da amico, di non prendere a cuore il caso e di tornare alla vita di tutti i giorni.
Suggerimento disatteso all‘istante: Dylan non è di quelli che si tirano indietro, e presto le indagini faranno luce su manovre messe in atto da Vargas, boss dei vampiri, per appropriarsi di un antico manufatto custodito dal padre di Elizabeth, e trafugato dal suo assassino, in grado di richiamare sulla Terra Belaial, potente e sanguinario demone in grado di assicurare a chi lo riporta in vita il dominio assoluto.
Acquisiti i diritti, in terra d’America ci sono voluti circa una decina d’anni per trasporre su grande schermo le avventure di Dylan Dog, uno dei personaggi più amati del fumetto italiano, creato nel 1986 da Tiziano Sclavi per la Sergio Bonelli editore. Trame a prova di bomba e ricche di citazioni cinematografiche e letterarie, dove l’orrore e il fantastico irrompono con regolarità nel quotidiano e l’approfondimento psicologico non è un semplice orpello per invogliare alla lettura chi magari considera di livello inferiore la narrativa a disegni, stanno portando l’indagatore dell’incubo a spegnere le candeline dei 25 anni di uscita in edicola, e un film lo si attendeva con vero piacere.
Peccato che la Londra raccontata da Sclavi e dagli altri sceneggiatori della serie in questo Dylan Dog - Il film la si veda soltanto nel logo della casa di produzione, e se le differenze con l’originale si fermassero a questo si potrebbe anche chiudere un occhio, dato che la New Orleans poggiata su delicati equilibri di civile convivenza fra esseri umani, licantropi, vampiri e morti viventi ha un suo perché. Ma dove proprio l’appassionato non può che rimanerci male è nell’assenza del mitico braccio destro di Dylan, Groucho, ricalcato sulle fattezze del più divertente dei fratelli Marx e nel cambio di colore del Maggiolone ‘di famiglia’, da bianco del fumetto a nero con interni bianchi del film: uno sproposito di soldi per l’utilizzo dell’immagine di Groucho Marx e la Disney, i cui diritti della serie di Herbie permettono ai Maggiolini di colore bianco di presentarsi al cinema solo in pellicole prodotte dalla Disney stessa, hanno imposto drastici cambiamenti di rotta, e se per il Maggiolone si può magari chiudere (con dolore) anche l’altro occhio, per la sostituzione di Groucho con Marcus vien voglia di schierarsi dalla parte dei cattivi e scatenare Belaial.
Delusione, quindi? Non proprio: se ci si dimentica del nome ingombrante portato dal personaggio principale (per tacere di eccessi all’eroe d’azione estranei alla controparte cartacea), il film è scorrevole e ben fatto, con diversi momenti bizzarri (dettati anche dalla mancata accettazione dello statuto di zombie da parte di Marcus dopo essersi risvegliato all’obitorio) e una bellissima fotografia da noir. Solo, è un film americano che deve fare cassetta, e per questo studiato per piacere alle fasce più ampie di pubblico (con predilezione per gli adolescenti).
La questione, piuttosto, è un’altra: proprio, insomma, nella terra che è stata di Mario Bava, di Antonio Margheriti e di Lucio Fulci (giusto per citare qualche maestro) non ce la facevamo a mettere in piedi una produzione italiana? I nomi, che so, di Michele Soavi o di Lamberto Bava valgono ancora qualcosa? (sono fermamente convinto di sì).
Perché, allora?

Originariamente pubblicato su Il Giornale di Puglia in data 22 marzo 2011

Dylan Dog - Il film
Titolo originale: Dylan Dog: Dead of Night
Nazione: USA
Genere: Horror
Durata: 108 min. Anno: 2010
Interpreti: Brandon Routh, Sam Huntington, Anita Briem
Regia: Kevin Munroe.

1 commento:

  1. Il film è scorrevole e ben fatto??? Forse...ma di Dylan Dog ha solo il nome. Il resto è un pastrocchio fracassone senza capo nè coda.
    Si rimpiange Dellamorte Dellamore ed è detto tutto.
    R.I.P

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