martedì 4 agosto 2009

Milano calibro 9


Figura di assoluto prestigio nel (ei fu) panorama del cinema italiano di genere, Fernando Di Leo, ispirato da alcuni racconti di Giorgio Scerbanenco, firma con Milano calibro 9, che con La mala ordina e Il boss compone la celebre “Trilogia del milieu”, quello che da più parti viene considerato il suo capolavoro, e che un cultore come Quentin Tarantino esalta, forse con una punta di esagerazione o forse no, come “Il più grande noir italiano di tutti i tempi”.
Certo è che la storia di Ugo Piazza, scrupoloso manovale del crimine sul libro paga dell’ "Americano” - temutissimo boss che lo ritiene responsabile della sparizione di trecentomila dollari frutto dell’ultimo scambio illegale di denaro prima che il suo sgherro decidesse, a suo giudizio, di farsi catturare come un dilettante dopo una rapina e di assicurarsi così una vacanza di tre anni, con rigoglioso avvenire, a spese dello Stato - si traduce in esaltante visione (valgano per tutti i minuti iniziali, commentati unicamente da inquadrature calibrate come tocchi di bisturi che inseguono la montante musica composta da Luis Bacalov), mai avara di colpi di scena, navigata da squarci di violenza non appannati dal fare cassetta e accarezzata da un insopprimibile romanticismo di fondo.
L’interpretazione di Gastone Moschin nei braccati quanto ostinati panni di Ugo Piazza, poi, è semplicemente di quelle che possono consacrare una carriera.

Regia: Fernando di Leo. Interpreti: Gastone Moschin, Barbara Bouchet, Mario Adorf. Genere: Poliziesco. Durata: 97 min. Produzione: Italia, 1972.

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