domenica 12 luglio 2009

Sfida senza regole



Al Dipartimento di Polizia di New York la sensazione è quella di bufera in fatale approssimarsi: una sequela di morti ammazzati con gettati accanto ai (o nei) corpi una pistola, la stessa per tutti, e un foglietto con su vergata una poesia con motivazione in rima del trapasso sono certo quanto di più lontano da una buona pubblicità in termini di sicurezza pubblica.
Per tacere della rispettabilità, dal momento che la pista seguita dagli investigatori sembra indirizzare verso il Corpo stesso. Un poliziotto serial killer giustiziere, insomma, che si farebbe carico, a stock di armi rubate e fantasiosi componimenti, di disinfettare le strade dalla feccia che i grossi buchi nelle maglie della legge hanno permesso potesse continuare a camminare e delinquere indisturbata.
Le indagini vengono affidate ai detective Turk e Rooster, trent’anni di unghie sotto le quali la melma ha assunto la colorazione della carne e che vedono l’orologetto della pensione prendere con un sorriso sempre più largo e indisponente le misure del loro polso.
I due sono i migliori in quello che fanno, ma le giovani leve non scaldano di sicuro la panchina: i detective Perez e Riley smaniano la luce dei riflettori e si deve alle congetture del primo il possibile coinvolgimento di un collega nei delitti.
Questi, in estrema sintesi, come si conviene per una trama gialla, gli eventi attorno ai quali ruota Sfida senza regole, onesto poliziesco che si fa evento dell’anno per il pazzesco colpo messo a segno dal regista Jon Avnet (Pomodori verdi fritti - Alla fermata del treno, L’angolo rosso, 88 Minutes), ossia il coinvolgimento, nei panni di Turk e Rooster, di, rispettivamente, Robert De Niro e Al Pacino, due leggende viventi alla prima esperienza di recitazione insieme per gran parte della durata di un film. In passato, riportano le cronache, solo due volte Lennon e McCartney (come vengono soprannominati nella pellicola in questione) avevano calcato lo stesso set: Francis Ford Coppola li volle nel 1974 ne Il padrino - Parte II senza tuttavia farli mai incrociare e Michael Mann li diresse nel 1995 nell’action-capolavoro Heath - La sfida, dove giusto un paio di scene su più di due ore e mezzo di proiezione li registravano in deflagranti faccia a faccia.
La sceneggiatura architettata da Russel Gewirtz parte d’atmosfera con l’alternanza nei titoli di testa di dettagli, primi piani e assieme dei due protagonisti impegnati in una complice esercitazione al poligono che si traduce in ideale summa di tanto loro cinema al color di polvere da sparo, per poi principiare un tormentato scavo nelle ambigue modalità di esecuzione di un mestiere che di lindo e pinto al cinema ha spesso solo il giuramento, che assolutamente non prevede nella sua formulazione l’opportunità di un bavaglio alla correttezza dettato dalla fabbricazione di prove false, unici grimaldelli per inficiare testimonianze viziate da una paura che si fa invisibile solo alle fredde pagine di un codice.
Temi etici squassanti quelli proposti da Gewirtz, che non ha avuto però l’accortezza di sfruttare tutto l’inchiostro della penna usata per il copione di esordio, quello di Inside Man: alcuni passaggi pagano una nebulosità scambiata per stimolante detto non detto e le parentesi erotico-sadomaso fra un De Niro che (apprezzabilmente, come anche Pacino) non nasconde la sua bella età e un’ammaliante e volitiva componente della squadra CSI, Karen Corelli, non sfuggono all’impressione di riempitivo.
All’attivo contiamo uno squisito gioco di attori (tirano fuori le unghie Carla Gugino, John Leguizamo e Donnie Wahlberg) che genera personaggi concreti nelle loro pulsioni e passioni, l’autorità di un altro grande vecchio del cinema da duri quale Brian Dennehy e una gagliarda autoironia circa la resistenza delle serrature di una volta.
Jon Avnet gira con un’esuberanza contrattualizzata al minimo sindacale, ed è un peccato. E’ vero che Al e Bob si dirigono da soli e che il braciere dell’attenzione lo attizzano a dovere fino al lancinante finale, a mente fredda unico momento realmente orchestrato sulla tensione, ma se la giustizia al di là della giustizia di Sfida senza regole fosse stata soppesata da un Martin Scorsese, sicuramente staremmo rubricando l’ennesimo, necessario, capolavoro.

Originariamente pubblicato, fatte salve alcune modifiche, sul quotidiano il Levante nel mese di Ottobre 2008.

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