domenica 12 luglio 2009

Il Cavaliere Oscuro



"… nel mio ventre la creatura si contorce e ringhia e mi dice di cosa ho bisogno…”.
Questi i pensieri che accompagnano per le strade di una Gotham City ormai sconfitta dalla criminalità un Bruce Wayne sessantenne, assediato dagli acciacchi dell’età e da dieci anni volutamente congedatosi dal suo alter ego mascherato, in quel portento disperato/dark della letteratura a fumetti che è Il ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank Miller (1986).
La bestia, Batman, il pipistrello fattosi castigo, doveva avere sicuramente vita più facile nell’età gagliarda del miliardario e filantropo Bruce Wayne, quando la vendetta era lungi dall’allentare la sua ossessiva morsa nei confronti di un uomo che una rapina sfuggita al controllo aveva privato, a otto anni, dei genitori all’uscita da un cinema.
Capitolo numero 6 delle avventure del vigilante mascherato creato da Bob Kane e Bill Finger e apparso per la prima volta nel maggio del 1939 sulle tavole del numero 27 di Detective Comics, Il Cavaliere Oscuro onora in pieno il titolo presentandoci un uomo pipistrello mai così accanito contro l’illegalità e un Bruce Wayne sempre più sull’orlo di una crisi di coscienza.
A Gotham City la mafia ha esteso i suoi tentacoli un po’ dappertutto, forze dell’ordine comprese, e i fiumi di dollari risultato dei suoi turpi traffici saturano i caveau delle banche prescelte.
Oltre Batman, comunque aspramente criticato dai media per i suoi metodi repressivi assai poco riguardosi nei confronti della 'dignità' e dei 'diritti' del malfattore, l’unico baluardo a difesa dell’ordine pubblico è il nuovo Procuratore Distrettuale Harvey Dent, che, incorruttibile e dal sorriso sincero e profondamente telegenico, conduce, in accordo con il tenente James Gordon, un blitz che porta al sequestro di tutto il denaro della mafia. Salvo poi prendere atto che i soldi sono falsi (nelle mazzette ci sono anche banconote segnate da Batman per l’operazione) e che il contante è protetto all’estero dall’autorevole contabile della Piovra.
Ordinaria amministrazione, insomma, fra i grattacieli di Gotham. Solo, malviventi che sfoggiano il doppiopetto e hanno parole d’amore solo per il libretto degli assegni risultano decisamente 'volgari' agli occhi cerchiati di nero di colui che ritiene sia arrivato il momento, per la città, di vantare un criminale davvero 'di classe': il Joker.
Sguardo animato da lucida follia, capelli verdi, viso pittato di bianco, denti giallognoli, abito e modi da consumato attore del teatro dell’assurdo e labbra macchiate di rosso stirate in un ghigno perpetuo da profonde cicatrici eredità di antiche sevizie, il Joker, ispirato nella sua origine fumettistica al personaggio interpretato da Conrad Veidt nel film del 1928 L’uomo che ride, bassezza dopo bassezza riesce a portare Gotham sull’orlo della catastrofe morale e materiale.
Sì, perché nel suo farsi paladino della causa mafiosa contro Batman e la legge, in realtà il malefico clown si fa beffe di tutto e tutti bruciando il suo compenso (la metà dei soldi della Piovra) con in cima alla catasta il ragioniere della mafia imbavagliato e legato a una sedia, certificando così di agire solo e soltanto in nome dell’anarchia più slegata dai ma e dai perché - “Alcuni uomini non cercano cose logiche, come il denaro. Non possono essere comprati, comandati o contrattati. Alcuni uomini vogliono solo vedere bruciare il mondo.” - e assumendo, nell’offrire una simbolica rappresentazione dell’Uomo in quanto animale avvezzo a immolarsi sull’altare della ricchezza, statura di osceno semidio.
Psicopatico senza carta d’identità, Joker è, storicamente, l’avversario principe del raddrizzatorti in maschera. E i due sono più simili di quanto non possano pensare. Meglio, di quanto il giustiziere non possa considerare.
“Tu mi completi”, dice il malefico pagliaccio a Batman, non potendo affermare verità più vera, dal momento che un sempre più crepato divisorio etico impedisce allo squilibrio mentale dell’uomo pipistrello di fare carne da macello dei suoi nemici.
Il Joker certe finezze comportamentali non le conosce neanche per sentito dire e, in questo Cavaliere Oscuro, non deve neanche affannarsi più di tanto per dimostrare agli onesti cittadini di Gotham quanto la loro probità sia solo un’astrazione da libro dei boy scout: scatena, infatti, una tribale caccia all’uomo quando chiede la vita di un impiegato delle Industrie Wayne, reo di aver dichiarato in televisione di aver scoperto l’identità di Batman, minacciando di far saltare l’ospedale di Gotham in caso di mancata risposta.
Non pago, riesce persino a far evacuare la città sotto la minaccia di attentati esplosivi, e, una volta al largo su due navi distinte la gente perbene e i detenuti, annuncia di aver collocato sulle imbarcazioni due bombe il cui timer può essere stoppato liberamente… salvo causare la distruzione della nave che non lo ha disattivato per prima. E tutto questo solo perché desidera che Batman si umili togliendosi la maschera e facendosi finalmente da parte.
Figurarsi, a questo punto, come deve sentirsi un crociato della giustizia quando coloro che ha giurato di proteggere lo guardano in cagnesco, quando non lo combattono apertamente. E la parte finale del film, in quest’ottica, è fra le più lugubri e malinconiche che un falso blockbuster come questo possa vantare.
Caos totale, quindi, a Gotham, atmosfere post 11 settembre e capolavoro di abiezione quando Joker, facendo in modo che metà faccia gli venga sfigurata dal fuoco, riesce a portare al lato oscuro persino l’integerrimo Harvey Dent, dando vita al pericoloso criminale che il mondo conoscerà come Due Facce.
Non c’è che dire, dopo Batman Begins, Christopher Nolan si conferma (fatti i doverosi distinguo) successore unico di Tim Burton al timone delle avventure dell’uomo pipistrello: un Autore in grado di rendere palpitanti sullo schermo le asperità e le incongruenze dell’umano agire, unitamente a incisive, e amare, riflessioni sul Bene. Che ha avuto la sgarbatezza di non avvisare quando è dipartito da questa valle di lacrime.


Originariamente pubblicato, fatte salve alcune modifiche, sul quotidiano il Levante nel mese di Luglio 2008.

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